Corte
di Cassazione: I PRETI CHE INDUCONO A NON DENUNCIARE I CRIMINI DI ABUSI E
VIOLENZE SESSUALI SUI BAMBINI E SULLE BAMBINE COMMETTONO REATO DI
FAVOREGGIAMENTO - Sentenza 10 aprile 2013, n. 16391 - I miserabili organi di
informazione tacciono omertosi
Corte
di Cassazione: Sentenza 10 aprile 2013, n. 16391
Delitto
di cui all’art. 609 quater c.p. e reato di favoreggiamento da parte di un ministro
di culto
Autore:
Corte di Cassazione - Penale
Data:
10 aprile 2013
Argomento: Ministri
di culto
Dossier: Chiesa
cattolica
Nazione:
Italia
Parole
chiave: Favoreggiamento, Ministro di culto, Denuncia, Molestie, Abusi nei
confronti di minori, Investigazioni
Abstract: Per
condotta di favoreggiamento personale deve intendersi non solo quella diretta a
deviare le indagini già in atto, ma anche quella diretta ad evitare che l’autorità
proceda ad accertamenti in ordine al reato e alla scoperta dell’autore di esso.
Nel caso di specie, il consiglio di non sporgere denuncia per il delitto di cui
all’art. 609 quater da parte di terzi, dato da un parroco alla madre della
vittima, è stato ritenuto dotato di obiettiva valenza elusiva, tenuto conto che
per l’integrazione della fattispecie non è necessaria la dimostrazione dell’effettivo
vantaggio conseguito dal soggetto favorito, occorrendo solo la prova della
oggettiva idoneità della condotta favoreggiatrice ad intralciare il corso della
giustizia.
Corte
di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 marzo – 10 aprile 2013, n. 16391:
"Delitto di cui all’art. 609 quater c.p. e reato di favoreggiamento da
parte di un ministro di culto".
Presidente
Agrò – Relatore Capozzi
(omissis)
Considerato
in fatto
1.
Con sentenza del 3.7.2012 il G.U.P. del Tribunale di Savona dichiarava n.d.p.
perché il fatto non sussiste nei confronti di F.L. , parroco di (omissis) ,
imputato del delitto di cui all’art. 378, 61 n.9 c.p. per aver aiutato P.P. -
dopo la commissione da parte di quest’ultimo, e senza avervi concorso, del
delitto di cui all’art. 609 quater c.p. ai danni di una infradecenne - ad
eludere le investigazioni dell’Autorità di Polizia in quanto, contattato dalla
madre della vittima, cercava di dissuaderla dallo sporgere denuncia
suggerendole espressamente di non fare nulla e anzi dicendole - tra l’altro – “devi
dire a tua figlia che la denuncia è contro la Chiesa”, con l’aggravante dell’aver
commesso il fatto con abuso dei poteri e comunque violazione dei doveri
inerenti alla qualità di ministro di culto.
2.
La sentenza liberatoria impugnata ha fondato la decisione ritenendo -in punto
di diritto - insussistente l’elemento oggettivo del delitto contestato. Ha
argomentato che, in assenza di un obbligo di denuncia da parte della madre
della vittima, il suggerimento di altri di non sporgere denunzia si pone sullo
stesso piano della stessa omessa denuncia, cosicché, non punendosi l’omessa
denuncia da parte di chi non ha obbligo di effettuarla, non deve parimente
punirsi colui che istiga la predetta omissione. Inoltre, la mancata denuncia e
l’eventuale persuasione del terzo mancherebbero dell’elemento oggettivo dell’elusione
delle investigazioni della p.g., in quanto l’omessa denuncia costituirebbe atto
neutro che non elude le investigazioni, anche se non le aiuta e non ne
determina l’avvio.
3.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore della
Repubblica di Savona il quale deduce erronea applicazione della legge
processuale penale e manifesta illogicità della motivazione laddove postula l’assimilazione
tra l’omessa presentazione della denuncia e la condotta di suggerire ad altri
di non sporgere denunzia: la prima, anche se non obbligatoria, deve essere
libera e consapevole e non essere influenzata da falsi argomenti agitati da
terzi che obiettivamente aiutano il reo ad eludere le investigazioni. Cosicché
risulta erronea la decisione resa nell’udienza preliminare di escludere già in
astratto la riconducibilità al delitto di favoreggiamento la condotta dell’imputato
di suggerire alla madre della giovane vittima di non denunciare il parrocchiano
abusante per pretesa contrarietà alla religione cattolica certamente così, ed
almeno in ipotesi, aiutando il reo ad eludere le investigazioni.
Motivi
della decisione
1.
Il ricorso è fondato.
2.
Il principale argomento - sopra ricordato - utilizzato dalla sentenza per
negare l’accesso alla verifica dibattimentale dell’accusa di favoreggiamento è
evidentemente eccentrico rispetto al thema sottoposto dall’organo di
accusa.
3.
Non si versa, nella specie, in un preteso concorso per istigazione dell’imputato
nella omissione altrui di denunciare l’abuso sessuale, quanto, invece, in una
autonoma condotta commissiva dell’imputato volta a determinare l’altrui libera
condotta ed, in ipotesi, finalizzata all’ausilio dell’autore del delitto
presupposto.
Risulta
così errato l’assunto in ordine alla insussistenza dell’elemento obiettivo del
reato secondo la stessa impostazione accusatoria.
4.
In tema di favoreggiamento personale, la giurisprudenza di legittimità ha insegnato
che l’“aiuto” comprende anche la pressione esercitata su un terzo per indurlo a
ritrattare le accuse formulate a carico del soggetto che si intende favorire,
aggiungendo che non ha rilevanza che l’agente operi quando le investigazioni
dell’autorità non siano ancora iniziate o siano già avviate o addirittura
concluse (Sez. 2, Sentenza n. 10211 del 02/07/1985 Rv. 170936 Imputato:
Clemente; v. anche, sotto il primo aspetto, Sez. 2, Sentenza n. 9512 del
11/12/1989 Rv. 184776 Imputato: Materazzo) e, sin da risalente autorevole
dottrina, si è chiarito che l’aiuto deve essere positivo e diretto, in
relazione allo scopo, ma non occorre che lo sia anche in rapporto alla persona
aiutata, alla quale può benissimo prestarsi aiuto mediato. Cosicché la condotta
di favoreggiamento può commettersi anche mediante pressione esercitata sopra un
terzo, ed in tale ipotesi, se la legge riconosce a codesto terzo la facoltà
giuridica di determinarsi a vantaggio del favoreggiato, il titolo di favoreggiamento
si presenterà se l’ausiliatore abbia usato violenza fisica o morale o
frode.
5.
Ebbene, una siffatta pressione morale è sottesa alla accusa allorquando ascrive
all’imputato di aver agitato pretestuosamente nei confronti della madre della
vittima la finalità antagonista della denuncia dell’abuso.
Si
esula nella specie dall’Ipotesi del mero consiglio - ritenuto irrilevante ai
fini della configurazione della fattispecie da Sez. 6, sent. n. 18164 del
26.4.2012, Giorgieri - che comunque implica la ponderazione dei reali elementi
del caso in favore di chi ne è destinatario. L’imputato ha, invece, abusato
della qualità rivestita, violando i doveri connessi al suo ministero pastorale,
allorquando ha strumentalizzato il legame spirituale di colei che gli si era
rivolto in quel grave frangente ponendo, senz’altro e radicalmente, in
conflitto la denuncia con la stessa istituzione e confessione religiose. In tal
modo, conculcando la libera determinazione della madre così pressata ad
omettere la denuncia ed a condizionare nello stesso senso la piccola
vittima.
6.
A tal riguardo, del tutto omessa nella sentenza è la considerazione della
contestata qualità di ministro del culto rivestita dall’imputato con la
correlata violazione dei doveri discendenti da detta qualità, che la
giurisprudenza di legittimità ravvisa anche se - come nella specie - il reato
non sia stato commesso nella sfera tipica e ristretta delle funzioni e dei
servizi propri del ministero sacerdotale, in quanto è sufficiente, da un lato,
che a facilitarlo siano serviti l’autorità ed il prestigio connessi alla qualità
di sacerdote e, dall'altro, che vi sia stata violazione dei doveri anche
generici nascenti da tale qualità (Sez. 3, Sentenza n. 37068 del 24/06/2009 Rv.
244963 Imputato: Abbiati).
7.
Secondo l'insegnamento di questa Corte, inoltre, l'art. 378 c.p. prevede
condotte finalizzate a frapporre ostacoli, e comunque a fuorviare l'attività
diretta all'accertamento dei reati e alla individuazione dei responsabili, onde
per condotta di favoreggiamento personale deve intendersi non solo quella
diretta a deviare le indagini già in atto, ma anche quella diretta ad evitare
che l’autorità proceda ad accertamenti in ordine al reato e alla scoperta dell’autore
di esso (ex multis, Sez. 6, 24.10.03 n.709 Rv.228257; Sez, 6, sent. del
26.4.2012 n. 18164, Giorgieri, non massimata). Risulta, quindi, errato anche il
secondo argomento della sentenza sulla assenza di obiettiva valenza elusiva
della perseguita omissione della denuncia, tenuto conto che per l’integrazione
della fattispecie non è necessaria la dimostrazione dell’effettivo vantaggio
conseguito dal soggetto favorito, occorrendo solo la prova della oggettiva idoneità
della condotta favoreggiatrice ad intralciare il corso della giustizia (ex
multis, Sei. 6, Sentenza n. 3523 del 07/11/2011 Rv. 251649, Papa).
Oggettiva
idoneità che, quindi, deve ravvisarsi nell’omessa denunzia e senza considerare
l’ulteriore concorrente contestazione - non valutata dalla sentenza – dell’induzione
della madre a condizionare la vittima minorenne affinché non dichiarasse la
verità dei fatti.
8.
Ritiene, quindi, il Collegio che nella specie sussistano i vizi denunciati dal
ricorrente rispetto alla ipotesi di favoreggiamento, nella specie,
correttamente contestata.
9.
La sentenza va, pertanto, annullata con rinvio al Tribunale di Savona per nuovo
giudizio che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
Annulla
la sentenza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al Tribunale di Savona.
**********
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